Il Corpo napoleonico di Acque e Strade

La conquista dell’Italia da parte di Napoleone e la costituzione di un nuovo Stato comporta l’unificazione e la riorganizzazione dei corpi tecnici preposti alle acque, che in precedenza operavano presso i vari stati dell’antico regime. Nel 1798 viene creata a Milano una commissione di cinque Idrostatici (tra i quali la figura più eminente è quella del bergamasco Antonio Tadini), con il compito di riordinare il sistema amministrativo delle acque pubbliche. Dopo una sospensione per l’arrivo dell’esercito austro-russo, i lavori sono ultimati nel 1802.

Dai Magistrati d’acque al Dipartimento Ponti, Argini e Strade

"Antonio Tadini 01" di Ago76 - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons

Medaglione di Antonio Tadini, uno dei maggiori dirigenti del Corpo di Acque e Strade del Regno d’Italia

Il 20 aprile 1804 viene promulgata la legge che riforma l’amministrazione delle acque. Presso ogni dipartimento viene creato un Magistrato d’acque, composto da cinque a nove membri, assistiti da un consultore idraulico. Ogni Magistrato si raccorda con il governo centrale, rappresentato da due Idraulici nazionali che hanno il compito di ispettori e sovrintendenti ai lavori idraulici. A questi due posti apicali sono nominati Antonio Tadini e Simone Stratico.

Lo stato creato da Napoleone è tuttavia un cantiere in perenne trasformazione. Dopo la costituzione del Regno d’Italia, nel 1805 viene creato il Dipartimento Ponti, Argini e Strade, alla cui direzione è posto Giovanni Paradisi. Nel 1806 viene poi istituito il Corpo degli ingegneri reali d’Acque e Strade.
Nello stesso anno Tadini è nominato ispettore generale del nuovo Corpo di Acque e Strade, assieme ad altri cinque personaggi che costituiscono il Consiglio della Direzione generale d’Acque e Strade: il giureconsulto ed idraulico veneziano Angelo Artico, l’ingegnere veneto Gaetano Canova, il matematico ed idraulico bresciano Domenico Cocoli, il dalmata Simone Stratico e il toscano Vincenzo Brunacci.

Il collegamento fra il Corpo di Acque e Strade e il mondo scientifico

In Italia è tipica la presenza di numerosi esponenti del mondo universitario nell’amministrazione delle acque. Da due secoli il “grande Geometra” – ossia il teorico fisico-matematico – è chiamato ad esercitare il ruolo di Sovrintendente alle Acque di piccoli stati, avendo ai suoi ordini l’ingegnere-architetto d’acque. Le ultime figure dell’antico regime che esercitano queste funzioni sono Giambattista Venturi, presso il Ducato di Modena e Reggio, e Teodoro Bonati, nella Legazione di Ferrara dello Stato pontificio. Ad essi può associarsi anche la figura di Vittorio Fossombroni, operante come bonificatore nel Granducato di Toscana.

È questo un momento fondamentale della storia idraulica italiana. Con la nascita del Corpo napoleonico di Acque e Strade cambiano i legami tra il mondo della scienza e l’amministrazione delle acque. Il modello ora è quello francese, nato nella seconda metà del Settecento con la costituzione del Corp des Ponts et Chaussées. Tra matematici ed ingegneri c’è ancora un legame simile a quello che per due secoli ha alimentato la scuola idraulica italiana, ma questo legame è ora più razionale e più adatto ad un grande stato.

Organizzazione e funzioni del Corpo di Acque e Strade

L’Amministrazione di Acque e Strade fa capo a una Direzione generale istituita a Milano, capitale del Regno. Essa comprende degli ispettori generali e un Corpo d’ingegneri operanti nei vari Dipartimenti. Sono inoltre istituiti i Magistrati dipartimentali di Acque e Strade, alle dipendenze dei Prefetti. Il Corpo ha inizialmente 114 membri, poi aumentati a 214 con l’annessione del Veneto. Gli Ispettori generali formano il Consiglio della Direzione generale Acque e Strade e sovrintendono ai progetti e lavori più importanti.

Al Corpo degli ingegneri compete la progettazione e la direzione di tutti i lavori per i quali è previsto un concorso finanziario pubblico, l’ispezione dei comuni per i lavori stradali di loro competenza e la vigilanza sui consorzi idraulici. Il Corpo ha un’organizzazione gerarchica di stampo quasi militare. Vengono emanate disposizioni per unificare il sistema delle misure, per livellare fiumi e canali, per operare secondo criteri tecnici unificati. Ogni anno, sulla base delle indicazioni trasmesse dagli uffici dipartimentali, viene compilato un bilancio preventivo delle spese, che entra a far parte del bilancio complessivo del Ministero dell’Interno.

I contrasti interni e coi Francesi

Dal punto di vista organizzativo è evidente il progresso apportato dalla riforma, che sarà confermato anche dopo la caduta di Napoleone. I rapporti interni al nuovo Corpo di Acque e Strade non sono tuttavia facili, poichè da troppi secoli gli italiani sono abituati a contendere piuttosto che a collaborare. In particolare, sono frequenti le incomprensioni e le liti tra gli ispettori generali.

"Gaspard de Prony". Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons

Gaspard Riche De Prony

C’è comunque un punto sul quale gli italiani si trovano d’accordo: il contrasto all’invadenza francese. Anche se la collaborazione tra la scuola d’idraulica italiana e quella francese – la prima più naturalistica, la seconda più matematica – gioverebbe ad entrambe, essa non avviene mai alla pari. Napoleone risiede prevalentemente a Parigi e trova naturale avvalersi, anche per le questioni italiane, del suo ingegnere di fiducia, Gaspard Riche de Prony. Quest’ultimo, pur professandosi ammiratore del bel Paese, con il suo atteggiamento farà imbufalire gli italiani.

Il contrasto fra italiani e francesi assume aspetti clamorosi con il progetto del Naviglio pavese, redatto nel 1806 da Vincenzo Brunacci. Egli sostiene che la disuguaglianza delle pendenze, lungi dall’essere un difetto, è il capo d’opera dell’arte idrometrica. L’altezza dei sostegni non è eccessiva, ma anzi moderata rispetto ai limiti dell’arte in Italia, dove queste fabbriche si trovano frequentemente e hanno dato ottimi risultati. Infine, la formula di Prony per il calcolo della portata, messa alla prova nei canali e fiumi milanesi, si è rivelata poco attendibile.
Anche nel resto d’Italia i maggiori idraulici italiani dell’epoca non vanno d’accordo coi francesi. Per esempio, nel 1810 Vittorio Fossombroni si troverà a discutere con Prony sulla bonifica delle Paludi pontine, esprimendo un’opinione opposta e sostenendo la bonifica per colmata rispetto a quella per essiccazione.