Il Corpo Reale del Genio Civile nel Regno d’Italia

Dopo la costituzione del Regno d’Italia si decide per la fusione dei corpi tecnici operanti in precedenza presso i vari stati. Già nel 1861 si provvede ad una provvisoria organizzazione del Corpo Reale del Genio Civile. Vengono inoltre conservate le Direzioni generali di Firenze, Napoli e Palermo, che saranno poi soppresse nel 1863, quando il Ministero centrale assumerà l’amministrazione delle opere pubbliche in tutto il Regno.

Gli Uffici del Genio civile hanno autonomia tecnica, una caratteristica che permarrà durante tutta la storia del Corpo. Il servizio del Genio civile si divide in generale e speciale: al servizio generale provvedono uffici centrali stabiliti in ogni capoluogo di provincia; al servizio speciale uffici appositamente istituiti a seconda dei bisogni. Presso gli uffici centrali presiedono ingegneri-capo, sotto la cui dipendenza è posto un numero di ingegneri ordinari e di impiegati subalterni. Gli uffici centrali sono divisi in sezioni, ciascuna delle quali comprende uno o più circondari e a cui è preposto un ingegnere ordinario. Gli uffici speciali – che sono indipendenti – sono diretti da ispettori o ingegneri-capo e assistiti da altri ingegneri e da personale subalterno. Uffici centrali e speciali sono posti sotto l’alta sorveglianza degli ispettori di circolo, ad eccezione di quelli che si trovano sotto la direzione di ispettori. Tra gli uffici speciali rientra il Servizio idraulico, comprendente vari incarichi.

Frammentazione delle competenze fra Ministeri e trasferimento alle Province

Dopo l’unità nazionale viene creato il nuovo Ministero per l’Agricoltura e il Commercio, che acquisisce da quello dei Lavori pubblici le opere di bonifica e la cura dei canali d’irrigazione. L’unità dei corpi tecnici che operano in materia di acque è quindi rotta, causando così un dualismo e una competizione sul territorio che durerà fino al Novecento. In questo secolo, per attenuare questa frammentazione amministrativa, saranno costituiti in ambito provinciale organi di coordinamento fra Genio civile, Ispettorato agrario e Ispettorato forestale.

"Stefano Jacini" di Ignoto - http://it.wikipedia.org/wiki/File:Stefanojacini.jpg. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons

Ritratto del conte Stefano Jacini. Come ministro del Regno d’Italia dal 1864 al 1867, con la legge 20 marzo 1865 dà forma stabile alla normativa e all’organizzazione dei lavori pubblici.

Nel 1865 il 40% del personale del Genio Civile viene trasferito alle province, assieme a molte strade nazionali declassate a provinciali: è l’atto di nascita degli Uffici Tecnici Provinciali. Dopo l’annessione del Veneto, entrano nella giurisdizione italiana altri 139 ingegneri, facenti capo alla gloriosa Direzione generale delle pubbliche costruzioni di Venezia. Parte di questi sono integrati nel Genio civile italiano, mentre altri sono trasferiti alle province venete.

Con la nascita degli Uffici Tecnici Provinciali si crea un’altra forma di dualismo, che vede corpi tecnici di diverse amministrazioni – ma con funzioni simili – operanti nel medesimo territorio. Questo avviene inizialmente nel settore delle strade, ma nel Novecento interesserà anche quello delle acque, con l’attribuzione alle province di compiti in materia di controllo degli scarichi e di concessioni di derivazione.

La divisione dei corpi tecnici è già oggetto di critiche nei primi anni dopo l’unità nazionale e appare ancora oggi un tema d’attualità. Col tempo, questa progressiva frammentazione amministrativa crea sempre maggiori problemi al governo del territorio, che oggi vede l’interconnessione fra rete idrografica, infrastrutture, insediamenti e usi vari del suolo. Si affacciano quindi delle ipotesi di riforma dei corpi tecnici, che si rifanno ad assetti simili a quelli esistenti fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Queste complesse operazioni di riordino sono riassunte in una relazione del 1867, presentata dal ministro Stefano Jacini, dal titolo L’amministrazione dei lavori pubblici in Italia dal 1860 al 1867.

Soppressione delle Scuole speciali di formazione degli ingegneri del Genio Civile

Nel nuovo stato unitario è decisa la soppressione della Scuola di Napoli per la preparazione degli ingegneri del Genio Civile e della Scuola pontificia creata da Giuseppe Venturoli. Il nuovo modello prevede la formazione di questi ingegneri nelle scuole d’ingegneria dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, aperte a tutti gli allievi. Due di queste, costituite a Torino e a Milano, diverranno in seguito Politecnici. Questa scelta non piacerà agli ingegneri meridionali, molto affezionati alla loro scuola.

Nemici e difensori del Genio Civile. Modello inglese contro modello francese

La soppressione delle scuole speciali per il Genio Civile si collega ad una discussione politica ben più radicale. Una corrente del pensiero politico liberale, prendendo come esempio l’Inghilterra e opponendosi al modello francese, tende a ridimensionare o a sopprimere i corpi tecnici dello stato a vantaggio delle libere professioni. La stessa linea politica porterà, nel secondo Novecento, alla scomparsa di molti uffici del Genio civile – trasferiti dallo stato alle regioni – e al ridimensionamento degli uffici tecnici di province e grandi comuni, a vantaggio delle prestazioni professionali.

La questione esisteva già nel 1869, quando la Camera dei Deputati discute la petizione di Felice Ravillon, direttore dell’Ufficio Tecnico Provinciale di Salerno, che chiede il reintegro nei ruoli del Genio civile. Nella discussione emerge una posizione ostile ai corpi tecnici nella pubblica amministrazione, ma il Ministro ai Lavori pubblici, il toscano Antonio Mordini, garibaldino a capo della sinistra moderata, difende in modo convinto le ragioni che impongono all’Italia la conservazione in piena efficienza di questo corpo.

Il confronto fra i modelli francese ed inglese evidenzia come il primo non solo sia più conforme all’indole del popolo italiano ed alla natura del suo territorio, ma anche come esso si ponga in continuità con la tradizione amministrativa italiana, che va dal Curator aquarum di Augusto fino al Magistrato alle acque della Repubblica Veneta. Al contrario, il modello inglese rappresenta una rottura netta con questa tradizione.