Le scuole speciali per gli ingegneri idraulici

Dopo la conquista napoleonica, all’inizio dell’Ottocento sorgono per breve tempo in Italia delle scuole speciali per gli ingegneri idraulici della pubblica amministrazione: sono la Scuola idrostatica di Ferrara e la Scuola di applicazione degli ingegneri pontifici, a cui si collega la Scuola del Regno delle due Sicilie.

La Scuola speciale d’Idrostatica di Ferrara

Nel 1802 Napoleone approva una legge di riordino dell’ordinamento scolastico, che mantiene soltanto le sedi universitarie di Pavia e di Bologna, a cui si aggiungerà Padova dopo l’annessione del Veneto. Le due antiche università di Modena e di Ferrara sono quindi soppresse: a Modena viene trasferito il Collegio militare di Verona della Repubblica veneta, diretto da Anton Mario Lorgna, mentre a Ferrara, in omaggio alla tradizione idraulica locale, viene istituita una Scuola speciale d’Idrostatica.

Quest’ultima apre nel 1804 e viene affidata all’anziano Teodoro Bonati, assistito dall’ex allievo Luigi Gozzi. Pur sembrando un’ottima istituzione dal punto di vista didattico, la Scuola d’Idrostatica ha alcuni gravi difetti: per l’iscrizione non è richiesto alcun titolo di studio, ma è sufficiente la conoscenza della geometria e dell’algebra cartesiana. L’unico valore giuridico riconosciuto alla scuola è l’equivalenza ad uno degli anni di pratica presso gli studi professionali. Quest’ultimo, essendo meno regolamentato, avrà effetti disincentivanti per l’iscrizione alla Scuola d’Idrostatica. In una lettera del 1809 Bonati protesterà invano con il Direttore generale della Pubblica Istruzione, chiedendo che il suo corso sia reso almeno obbligatorio per coloro che aspirano alla carica d’Ingegnere Idraulico del Dipartimento del Basso Po.

Alla Scuola s’iscrivono di conseguenza pochi allievi, che apprezzano comunque la qualità dell’insegnamento. La Scuola d’Idrostatica rimane aperta fino al 1817, quando, nell’ambito del restaurato stato pontificio, sarà integrata nella Scuola di applicazione degli Ingegneri pontifici.

La Scuola di applicazione degli Ingegneri pontifici

A fondare e dirigere la nuova Scuola per gli Ingegneri pontifici Papa Pio VII chiama il grande idraulico Giuseppe Venturoli. La Scuola è concepita in forma totalmente autonoma rispetto all’Università romana La Sapienza e si focalizza sugli aspetti scientifici e tecnici, ossia la meccanica e l’idraulica professate da Venturoli. La Scuola d’ingegneria si pone in continuità con la precedente Scuola d’Idrostatica ferrarese: è sanata la lacuna nella selezione di base, poiché sono ammessi solo gli studenti che hanno completato gli studi fisici e matematici presso le Università di Bologna o di Roma.

Nel 1826 la Scuola viene aggregata all’Ateneo romano, ma poco prima Venturoli, in una memoria del 1825, chiarisce caratteri e peculiarità formative dell’ingegnere, riuscendo così a conservare il controllo del Corpo sugli insegnamenti scientifici e sull’abilitazione degli allievi.
Venturoli compila il Regolamento della scuola degli ingegneri. Il curriculum formativo prevede un triennio di studio per gli ingegneri, con un esame di merito al termine di ciascun anno e un diploma finale, che consente l’abilitazione all’esercizio della professione d’ingegnere in tutto lo Stato pontificio. I primi classificati nella scala di merito sono inseriti nei posti vacanti del Corpo degli ingegneri pontifici.

Tre ingegneri del Corpo pontificio di Acque e Strade sono incaricati dell’insegnamento rispettivamente della geometria descrittiva, dell’architettura statica ed idraulica e dell’idrometria. Nel 1818 sono nominati professori di geometria descrittiva gli ingegneri Maurizio Brighenti e Carlo Sereni; professori di architettura statica ed idraulica Nicola Cavalieri San Bertolo e Bonaventura Benetti; per l’idrometria Gregorio Vecchi e Teodoro Bonati.
Per quanto riguarda i contenuti dei corsi, rientrano nel corso di architettura idraulica la costruzione di argini e ripari, la costruzione e l’uso delle macchine idrauliche, la costruzione di ponti, chiaviche, botti, ponti, canali, chiuse, sostegni, moli, ecc. Rientrano nel corso di idrometria le regole per la misura delle acque sgorganti da bocche o correnti in fiumi, canali e condotti; il regolamento delle bocche di derivazione, la condotta delle acque ad uso di fontane, irrigazioni od opifici; il regolamento dei fiumi e dei torrenti, delle arginature e dei ripari alle corrosioni ed alle rotte; le rettificazioni ed inalveazioni dei fiumi; gli scoli delle campagne e le bonificazioni; i canali navigabili e le opere inservienti alla navigazione ed ai porti. Allo stesso direttore Venturoli è riservato ogni anno un corso di lezioni sopra qualche punto particolare di meccanica o d’idraulica.

E’ inoltre prevista la redazione di testi comuni alle scuole, elaborati sulla base delle lezioni. Il più noto sarà il trattato Istituzioni di architettura statica ed idraulica, dell’ingegnere Nicola Cavalieri San Bertolo, l’allievo maggiore di Venturoli. Questo testo di successo affiancherà, per gli aspetti tecnici, il trattato di Venturoli Elementi di Meccanica e Idraulica, utilizzato per gli aspetti scientifici. Sono anche previsti esercizi degli allievi in campagna, nonché osservazioni ed esperienze idrometriche. Per il progresso della scienza idraulica, è imposto che in tutte le province dello Stato gli ingegneri del Corpo debbano applicarsi in osservazioni ed esperienze analoghe a quelle della Scuola.