Elementi di Meccanica e Idraulica

Giuseppe Venturoli

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Busto di Giuseppe Venturoli nei giardini del Pincio a Roma

Giuseppe Venturoli è stato uno dei più eminenti scienziati idraulici italiani di inizio Ottocento, un periodo caratterizzato da una notevole vitalità dell’idraulica italiana. Venturoli insegna tutta la vita, all’Università di Bologna dal 1795 al 1817 e alla Scuola d’ingegneria di Roma, dal 1817 fino alla morte.

Assieme ad Antonio Tadini Venturoli è considerato il capostipite di un rinnovato interesse italiano per l’indirizzo fisico-matematico nello studio dell’idraulica. Questo campo è da tempo trascurato dalla scuola italiana – che pure ha avviato questi studi nell’ambito della scuola galileiana con Benedetto Castelli e Evangelista Torricelli – a scapito di un indirizzo prevalentemente naturalistico. Tuttavia, conformemente alla tradizione dei grandi idraulici italiani, sin dagli anni bolognesi Venturoli è parallelamente impegnato negli “affari d’acque” che interessano lo stato.  Questo interesse cresce con il suo impegno nella formazione degli ingegneri del Corpo pontificio di Acque e Strade (l’antenato del Genio civile) secondo il modello francese, a cui dedica la seconda parte della sua vita. Negli ultimi decenni svolgerà anche un’importante funzione tecnico-amministrativa come presidente del Consiglio d’arte sulle acque del governo pontificio.

Un’opera in costante aggiornamento

Sin dai primi anni dell’insegnamento universitario Venturoli si preoccupa di raccogliere e ordinare in forma di trattato un compiuto Corso di meccanica e d’idraulica. L’accresciuta frequenza degli allievi, dopo la riforma napoleonica dell’Università, lo stimola maggiormente. Nel 1806 esce il primo volume del suo fondamentale trattato Elementi di Meccanica e Idraulica, con gli elementi di meccanica. Nell’anno successivo il secondo volume, con quelli d’idraulica.

Il successo del trattato (che distingue gli aspetti teorici da quelli pratici) è straordinario, essendo giudicato unanimemente superiore ai precedenti ed adottato come libro di testo in tutte le università italiane. Segue presto una seconda edizione nel 1809, con l’aggiunta di un terzo volume di supplementi in cui è compresa anche la teoria del moto delle acque a due coordinate, nella quale l’autore dà la prima soluzione diretta del moto d’un velo d’acqua lateralmente contenuto da due pareti rettilinee concorrenti. Sullo stesso tema lavora anche Antonio Tadini, che trova per altra via la stessa soluzione. I contenuti del trattato sono in seguito rifusi e ampliati nella terza edizione del 1817 – 18, l’ultima curata dall’autore, il quale aggiunge la teoria dell’ariete idraulico che causò pochi anni prima una clamorosa controversia tra Vincenzo Brunacci e Giuseppe Avanzini. Venturoli la fa discendere con nuove considerazioni dalle equazioni del moto dell’acqua nelle lunghe condotte. Il trattato è apprezzato anche all’estero e tradotto in inglese nel 1822, su consiglio di F.W. Herschel e di C. Babbage. Dopo la morte di Venturoli seguiranno altre edizioni.

Nella sua edizione definitiva (la 3° del 1818) il trattato è diviso in cinque libri: I (Dell’equilibrio de’ fluidi); II (Del moto de’ fluidi): Teoria generale, Teoria del moto lineare, Efflusso dalle luci, Moto dell’acqua pei tubi, Moto dell’acqua per gli alvei; III (Della resistenza de’ fluidi); IV   (Delle opere idrauliche); V (Delle macchine idrauliche): Macchine elevatrici dell’acqua, Macchine mosse dall’acqua. Un’Appendice illustra il Moto de’ fluidi riferito a due coordinate.

L’importanza del trattato nel dibattito scientifico

Nell’ambiente scientifico italiano il trattato di Venturoli domina nella prima metà dell’Ottocento ed è anche oggetto, durante la vita dell’autore, di pubblicazioni di commento. La sua grande sinteticità è ammirata ed imitata, fra gli altri, da Domenico Turazza, il cui Trattato d’idrometria o d’idraulica pratica sostituirà quello di Venturoli nella seconda metà dell’Ottocento, non senza critiche. Un aneddoto, riferito da Paulo Fambri nel volume La scienza idraulica in Italia, riferisce che uno scienziato inglese, sfogliando il trattato di Venturoli, esclamasse: “Questo è l’indice, dov’è il libro?

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Frontespizio della seconda edizione (1809) del trattato Elementi di meccanica e d’idraulica.

Il suo allievo e successore alla cattedra di Bologna, Giambattista Masetti pubblica le Note ed aggiunte agli elementi di meccanica e d’idraulica di Giuseppe Venturoli; compilate da GB Masetti. Antonio Bordoni, allievo e successore di Vincenzo Brunacci alla cattedra di Pavia, pubblica le Annotazioni agli elementi di meccanica e d’idraulica del professore Giuseppe Venturoli. Talvolta, anche le contese scientifiche tra gli accademici italiani s’intrecciano ai commenti del trattato di Venturoli, come dimostra un opuscolo uscito nello stesso anno del testo di Masetti: Difesa del professor Giuseppe Oddi di Roma contro due accuse mossegli dal ch.mo sig.r professor Gio. Battista Masetti di Bologna sopra i suoi schiarimenti alla meccanica del ch.mo sig.r professor Giuseppe Venturoli, presidente del consiglio d’arte in Roma.

Nella Scuola d’Ingegneria dello Stato pontificio, il testo teorico di Venturoli sarà affiancato da un altro trattato di successo – Istituzioni di architettura statica ed idraulica – a carattere tecnico, scritto da Nicola Cavalieri San Bertolo, suo allievo ingegnere del Corpo di Acque e Strade e docente presso la stessa Scuola. Da qui prende forma la divisione dell’insegnamento in due rami fra loro strettamente collegati, in seguito indicati come Idraulica e Costruzioni idrauliche.