Pelo dell’acqua
Per pelo dell’acqua o pelo libero s’intende la superficie di fiumi, laghi e simili, a contatto con l’atmosfera. Sinonimo dell’espressione è pelle dell’acqua.
Si distingue tra pelo alto e pelo basso con riferimento ai livelli raggiunti dalle acque in tempo di piena e rispettivamente di magra. Si distingue tra pelo vivo e pelo morto con riferimento alla superficie dell’acqua in movimento e rispettivamente in quiete.
L’evoluzione storica del termine
Il pelo dell’acqua è un’espressione molto diffusa nel linguaggio degli idraulici ed è entrata anche nella lingua comune, soprattutto moderna. Per indicare la superficie delle acque si usa inizialmente la metafora della pelle, termine ricorrente nel trattato d’architettura del Filarete: “Questi archi sono alti dalla pelle dell’acqua braccia ventotto […]. La pila di mezzo è venti braccia grossa, e sarà alta dalla pelle dell’acqua braccia quaranta per infino alla imposta della volta“
. La stessa metafora si ritrova in Leonardo da Vinci, il quale, parlando del rimbalzo delle gocce d’acqua che cadono da diverse altezze, scrive: “la gocciola che riflette è simile alla gocciola che percuote la pelle dell’acqua, la quale tanto più s’innalza, quanto il moto incidente più da alto“
. Nel Cinquecento, il termine pelle è sostituito da pelo, come evidenziato nel trattato di geografia di Giovanni Battista Ramusio, il quale, parlando d’uccelli delle Indie Occidentali (detti anitrini) scrive: “Vanno a pelo dell’acqua, o alte o basse che vadino l’onde del mare, e tanto destri nell’alzar e bassar il volo, nel medesimo modo che ‘l mar va, quasi appiccati all’acqua, che non si potria creder chi non lo vedesse“
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Il termine pelo è usato sistematicamente negli scritti d’idraulica del Seicento, come nel discorso sull’Arno di Vincenzo Viviani, quando parla della riduzione d’altezza della sopracchiusa, che serve il mulino de’ Castelletti: “Conveniva levare un braccio di tavole, ma gli restava di caduta, dal pelo di sopra al pelo di sotto, un soldo più d’un braccio.“
Nel 1697 Domenico Guglielmini scrive: “i fiumi influenti si spianano sulla superficie de’ recipienti; s’elevano e s’abbassano di pelo con essi“
. Paolo Frisi, parlando del fiume Reno, distingue tra “pelo alto” e “pelo basso” delle acque: “Ne’ suddetti luoghi il pelo alto è parallelo al pelo basso, e il pelo basso è parallelo al fondo“
. La diffusione della metafora presso gli autori classici d’idraulica fa sì che essa sia recepita nella quarta edizione del Vocabolario della Crusca: “Pelo dell’acqua, parlandosi di fiumi, laghi, e simili, vale la Superficie dell’acqua“
. Il termine compare costantemente nei glossari successivi ed anche in alcuni dizionari di dialetti, come quello piemontese di Casimiro Galli: “Peil dl’aqua = somma superficie dell’acqua dei fiumi, canali, ecc., considerata per opposizione alla sua profondità“
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Gli scienziati idraulici parlano spesso del cosiddetto pelo libero, così definito da Giulio De Marchi: “Le correnti liquide si dicono a superficie libera o a pelo libero, quando (come accade nei canali) occupano soltanto la parte inferiore del recipiente, o alveo, entro il quale si muovono, mentre la parte rimanente è occupata da aria“
. In contrapposizione alle correnti a pelo libero, si parla di correnti in pressione, o forzate. Un’altra espressione caratteristica è pelo morto (superficie dell’acqua in quiete), in contrapposizione a pelo vivo (superficie dell’acqua in movimento). Essa si trova anche nel R.D. 1775/1933 in materia d’acque e impianti elettrici, il quale stabilisce: “Le utenze d’acqua pubblica sono sottoposte al pagamento di un annuo canone, secondo le norme seguenti: […] la forza motrice nominale è calcolata in base alla differenza di livello fra i due peli morti dei canali a monte ed a valle del meccanismo motore“
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