Le chiaviche per la regolazione delle reti di scolo

"Idrovora di Santa Giustina (Pettorazza Grimani)" di Threecharlie - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons

L’idrovora di Santa Giustina situata a Botti Barbarighe, nel comune di Pettorazza Grimani. A partire dalla metà dell’Ottocento lo sviluppo delle idrovore, azionate prima da macchine a vapore e poi da motori elettrici o diesel, ha reso obsolete le vecchie chiaviche con deflusso intermittente a gravità per la regolazione delle reti di scolo.

Dopo l’anno Mille, nell’Italia settentrionale e centrale sono realizzate numerose bonifiche in vasti terreni paludosi. Per rimanere asciutti, questi terreni devono essere dotati di una rete di canali di scolo e costruiti con capacità di deflusso crescente verso valle, fino all’immissione nel recipiente terminale. Tuttavia, trovare un recapito efficiente per le reti di colatura delle campagne non è sempre semplice.

Oggi questi problemi sono facilmente aggirati con le idrovore, installate verso la metà dell’Ottocento, ma per molti secoli gli italiani utilizzano esclusivamente reti di scolo con deflusso a gravità, grazie all’inserimento, in corrispondenza del recapito terminale, di un manufatto speciale denominato chiavica. Questo ha una paratoia che resta aperta in tempo di acque basse e viene chiusa con le acque alte. Nell’intervallo di chiusura, le acque di scolo si accumulano nella rete dei canali.

La chiavica: etimologia e funzioni

La tecnica di costruire edifici per chiudere ed aprire i canali era nota anche ai Romani, che li chiamavano claustrum, o porta cataracta, ossia “porta che si abbassa”. Nell’idraulica italiana i termini incastro, porta e cateratta hanno lo stesso senso, ma il termine prevalente – soprattutto nell’Italia settentrionale – è chiavica, derivato dal latino popolare clavica, rifacimento di clavaca e clovaca, a loro volta modifiche del latino classico cloaca, ossia fogna.

Inizialmente le chiaviche sono manufatti per il controllo degli scoli delle campagne nei corsi d’acqua naturali, con una funzione simile a quella della cloaca urbana. La stessa terminologia si estende poi al controllo delle derivazioni, le quali – viceversa – attingono dai corsi d’acqua naturali. Cambia quindi il senso di deflusso delle acque, ma rimane la funzione di controllo.

Le regole per lo scolo delle campagne nei fiumi e nei mari

Nel suo trattato Della natura de’ fiumi Domenico Guglielmini indica regole dettagliate per la progettazione razionale di reti di scolo e di chiaviche nei fiumi.
Quando i canali di scolo recapitano in un fiume, le campagne devono essere almeno più alte del fondo del fiume. Tuttavia, nei periodi di morbida e di piena le reti di scolo devono essere protette dal suo rigurgito.
La foce del canale di scolo può essere libera (sempre aperta) o difesa con chiaviche. Tuttavia, solo i terreni molto alti possono scolare a canale aperto nei fiumi; se questi hanno argini (segno manifesto che le piene si elevano sopra il piano delle campagne) è invece necessario munirli di una chiavica. Chiudendosi in tempo di piena, quest’ultima impedisce il rigurgito delle acque del fiume nel canale di scolo e, allo stesso tempo, obbliga le eventuali acque piovane a restare nel canale e nei fossi minori fino al termine della piena. Una volta aperta la chiavica, l’acqua accumulata è scaricata nel fiume.

Se i terreni da scolare sono in uno stesso piano orizzontale non è necessario arginare le sponde del canale, perché l’acqua, nel tempo in cui la chiavica è chiusa, non potrà sormontarle. Con i terreni declivi verso lo sbocco sarà invece necessario pareggiare l’altezza degli argini nella parte più bassa della campagna con quelli della parte più alta. Questa soluzione è per evitare che l’acqua superi gli argini e provochi inondazioni.
Nel caso in cui sia necessario separare lo scolo dei terreni alti da quelli bassi, si consiglia di mandare i primi a sboccare a foce aperta (muniti di argini tanto alti che possano sostenere il rigurgito nel fiume) e di munire i secondi di chiavica.

Può anche capitare che il flusso di acqua dello scolo aperto non sia abbastanza abbondante da impedire il rigurgito della torbida, provocando accumuli di sedimenti. In tal caso si può installare una chiavica che si chiude con la piena del fiume, finché l’acqua dello scolo sia al livello di quella della piena, per poi aprirla e far uscire la nuova acqua.

Guglielmini sviluppa delle considerazioni anche sui canali di scolo che hanno recapito diretto nel mare. E’ esso stesso a formare gli argini, con cumuli continui di arena, o dune. Queste vanno tagliate per introdurre il canale di scolo nel mare, che va armato di forti argini per evitare che l’acqua del mare sommerga le campagne. Di conseguenza, si provvede anche all’installazione di forti chiaviche, che si chiudono quando il mare è alto e si aprono quando è basso, dando scolo alle acque trattenute nel tempo della chiusura. Quando la portata del fiume basta a respingere l’acqua del mare le chiaviche non sono necessarie.

Caratteristiche tecniche delle chiaviche

Giuseppe Antonio Alberti: chiaviche del Settecento

Chiaviche italiane del Settecento, che scolano nei fiumi o in mare, con ali dalla parte del fiume o anche dalla parte della campagna, con un solo occhio o con più occhi (da Istruzioni pratiche per l’ingegnero civile, o sia perito agrimensore, e perito d’acque).

Nei trattati d’idraulica si possono rintracciare disegni ed illustrazioni analitiche delle chiaviche. In Architettura d’acque Giambattista Barattieri presenta una tipica chiavica lombarda del Seicento, con una sola apertura – detta occhio – corrispondente alla condizione più frequente con portate di scolo moderate. Quando la portata aumenta, essa è ripartita fra più aperture, come nella Chiavica di Torre Abate, costruita nel 1569 durante la Grande Bonificazione Estense, per favorire il deflusso al mare delle acque provenienti dall’alto Ferrarese.
In Leggi e fenomeni, regolazioni ed usi delle acque correnti Bernardino Zendrini illustra le caratteristiche delle paratoie installate sulle chiaviche, che si possono alzare e abbassare con la manovra dell’uomo o sono formate da porte dette a vento o anche vinciane, che si aprono e chiudono da sole.

Nel trattato Istruzioni pratiche per l’ingegnero civile, o sia perito agrimensore, e perito d’acque di Giuseppe Antonio Alberti c’è un’ampia casistica di chiaviche che scolano nei fiumi o in mare. Per la chiusura della chiavica si utilizzano paratoie o cateratte in tavoloni di legno, collocati uno sopra l’altro oppure paratoie a vento. Quando il vano è grande si ricorre a strutture più robuste, come travate con impostature di marmo, in cui si calano le travi ben squadrate.


  • Domenico Guglielmini. Della natura de’ fiumi, trattato fisico-matematico
  • Giuseppe Morri. Perito in Romagna, ossia il perito idrostatico ed idraulico
  • Giuseppe Mari. Lettera alla marchesa Dorotea Pallavicini Vidoni sopra il trasporto del canale di Busseto