I partitori
Il partitore idraulico – o semplicemente partitore – è un manufatto in muratura che divide la portata di un canale a pelo libero tra le varie utenze, per lo più irrigue. La ripartizione della portata avviene secondo un rapporto determinato e in funzione dei rispettivi diritti.
I partitori di Vitruvio e Frontino
Nei trattati De architectura e De aquaeductibus urbis Romae, Vitruvio e Frontino descrivono i manufatti che la Roma antica usa per la ripartizione delle acque pubbliche, chiamati castella aquarum, termine tradotto in italiano con dividicoli e poi partitori. Il modello romano è adottato in tutto l’Impero e negli acquedotti urbani durerà fino all’inizio dell’Ottocento.
Il problema più difficile per gli architetti e i curatori d’acque romani è assicurare la ripartizione delle acque secondo rapporti precisi. Ciò è dovuto all’assenza della misura della velocità, che sarà una conquista della scienza idraulica moderna.
Accanto ai dividicoli pubblici esistono quelli privati, che ripartiscono un corpo d’acqua derivato in comune da più concessionari. Questi manufatti devono considerarsi gli antenati del partitore, ancor oggi diffuso nelle pianure irrigue dell’Italia settentrionale.
I partitori di Barattieri e Guglielmini
Nel trattato Architettura d’acque di Giambattista Barattieri si trova una descrizione dei partitori in uso nel Seicento nelle campagne lombarde. L’organizzazione è in tutto simile a quella romana descritta da Frontino, ma la forma è invece diversa: l’acqua non viene ripartita attraverso un sistema di bocche regolate, bensì tramite un sistema di coltelli o speroni verticali, innalzati nella sezione del canale che viene divisa in frazioni, corrispondenti ai diritti dei singoli associati sul corpo d’acqua comune.
Tuttavia il partitore di Barattieri, di uso comune nelle campagne, risulta più imperfetto degli antichi dividicoli romani, poiché non tiene conto della variazione della velocità puntuale nella sezione trasversale del canale.
In Della natura de’ fiumi Domenico Guglielmini distingue i partitori in due tipi. Quando il corpo d’acqua deve dividersi in due parti uguali, basta un manufatto simile a quello descritto da Barattieri: con un solo sperone, posto sull’asse di simmetria della sezione, che garantisce la stessa distribuzione delle velocità trasversale e quindi la stessa portata assegnata ai due utenti. In tutti gli altri casi, il manufatto consigliato riprende il modello agli antichi dividicoli romani, con bocche al medesimo livello.
Il partitore di Lecchi
Nel suo trattato Idrostatica il milanese Antonio Lecchi descrive così i partitori: “Sono questi costrutti nell’alveo del canale, a somiglianza di speroni di mediocre larghezza, e di notabile lunghezza, i quali vanno a terminarsi in un taglio angolare, a fine di fendere le acque con la minore resistenza. Il fondo del canale, dove s’hanno a posare i Partitori, ed anche per qualche tratto superiore, ed inferiore, de’ essere per ogni verso orizzontale; e per istabilirlo in questo stato, sogliono lastricarlo di pietre…. Pare ad alcuni che una sì fatta divisione sia la più sicura, e la più spedita; ed io sono di parere ch’ella sia la più incerta, e la più operosa; richiedendovisi una perfetta uguaglianza di tutte le circostanze, a favore tanto dell’una, quanto dell’altra parte.”
Gli errori aumentano in misura rilevante quando le acque d’un canale sono divise in più di due parti, poiché la pratica settecentesca continua ad essere basata su principi errati. Il manufatto proposto da Lecchi innanzitutto corregge lo squilibrio delle resistenze: anziché dividere subito, con due speroni, il corpo d’acqua in tre canali, lo divide con quattro speroni in cinque canali perfettamente uguali. Questo aumenta la perdita di carico totale, che comporterà un maggior dislivello tra gli estremi del partitore. Egli cerca inoltre di riequilibrare le velocità medie dei filetti liquidi che entrano nei vari canali allargando le sponde a monte del partitore, in modo da formare una grande vasca con fondo orizzontale. Questo fa sì che i filetti liquidi estremi entrino nelle rispettive bocche del partitore con velocità maggiore di zero. Un prisma triangolare è inserito per rafforzare l’effetto di riequilibrio nella ripartizione trasversale delle velocità puntuali, a favore delle due bocche estreme, svantaggiate nel riparto. Questo spezza il filone centrale, deviando le acque verso i lati.
Il partitore di Tadini
Nel suo trattato Del movimento e della misura delle acque correnti il bergamasco Antonio Tadini cerca di superare il problema dell’iniqua ripartizione delle acque progettando un nuovo partitore a cascata, ossia a stramazzo, che consente la giusta ripartizione di un corpo d’acqua qualsiasi in aliquote. La soluzione ha però il difetto di richiedere una caduta, che non sempre è disponibile nella bassa pianura.
Il partitore a cascata si può applicare sia a canali irrigui che a piccoli corsi d’acqua. La parte superiore, detta versatore, è uno stramazzo di larghezza e lunghezza variabile secondo le dimensioni del corso d’acqua. La platea orizzontale è lastricata di pietre o mattoni, mentre le sponde verticali sono in muratura. Esse vengono superiormente prolungate in due archi di dolce curvatura, che si uniscono alle ripe del canale o corso d’acqua. Il partitore propriamente detto è costituito dalle teste affiancate dei canali, nei quali si versa e si divide l’acqua. Sotto la gronda del versatore, le sponde delle testate sono di pietra o di marmo e terminano superiormente in uno spigolo acuto, perché devono fendere la grondaia dell’acqua che piomba loro sopra.
Il partitore a cascata assicura che l’acqua cada con la stessa altezza e velocità lungo tutta la larghezza del versatore. La ripartizione della portata è quindi proporzionale alle larghezze dei tratti di grondaia che si versano nelle teste dei canali sottostanti. Le larghezze dei singoli canali sotto la gronda del versatore sono dunque stabilite in proporzione alle rispettive competenze.
Piante di partitori tratte dal Cabreo della Roggia Borgogna, costruita da Bartolomeo Colleoni, Duca di Borgogna (Amministrazione Principe Giovanelli, Bergamo 1826). Il partitore asimmetrico di Scanzo testimonia la sopravvivenza di una forma imperfetta di ripartizione, che non tiene conto della scala trasversale delle velocità.